Galileo: il peso dell’esperimento

di N. Correale

Attività 3 - Immedesimiamoci nel modo di pensare di Galileo

Tempo medio per svolgere l'attività in classe 4 ore


Obiettivi specifici lato studente
  • Comprendere i cambiamenti di interpretazione del moto dei corpi e dei gravi dall’antichità al medioevo a Galileo.
  • Comprendere che il moto di un grave sulla terra ha sempre la stessa accelerazione costante indipendentemente dalla sua massa e dal suo volume.
  • Comprendere l’importanza di usare strumenti precisi di misura per quanto riguarda il tempo impiegato dalla pallina a cadere dal piano inclinato.
  • Comprendere l’importanza di giungere a formulare una legge matematica generale che esprima la relazione tra spazio percorso dalla pallina del piano inclinato e tempo impiegato (legge oraria del moto) e se e come cambia questa legge al variare dell’inclinazione del piano.
  • Comprendere i nessi e le analogie tra il fenomeno del moto della pallina sul piano inclinato e del moto del pendolo.
Competenze specifiche lato studente
  • Trarre conclusioni basate sui fenomeni osservati e sugli esperimenti svolti.
  • Conoscere ed apprezzare il percorso storico di alcune delle conoscenze scientifiche apprese, riconoscendo l’importanza dei contesti culturali e sociali.

Viene ricostruito il modo attraverso cui Galileo trae la legge matematica che descrive il moto dei gravi partendo dall’ipotesi che nel moto dei gravi l’accelerazione è costante e attraverso l’esperimento del piano inclinato. Viene utilizzato il filmato del museo commentato con relativi approfondimenti. Seguono due registrazioni di citazioni di Galileo opportunamente spiegate (estrapolate dal Dialogo sopra ai massimi sistemi). La prima mette a fuoco l’aspetto dell’attrito che rallenta sempre il moto.

Egli scrisse:

«SALV. Parmi dunque sin qui che voi mi abbiate esplicati gli accidenti d’un mobile sopra due diversi piani; e che nel piano inclinato il mobile grave spontaneamente descende e va continuamente accelerandosi, e che a ritenervelo in quiete bisogna usarvi forza; ma sul piano ascendente ci vuol forza a spingervelo ed anco a fermarvelo, e che il moto impressogli va continuamente scemando, sì che finalmente si annichila. […] Ora ditemi quel che accadrebbe del medesimo mobile sopra una superficie che non fusse né acclive né declive. […]
SIMP. Io non ci so scorgere causa di accelerazione né di ritardamento, non essendoci né declività né acclività.
SALV. Sì. Ma se non vi fusse causa di ritardamento, molto meno vi dovrebbe esser di quiete: quanto dunque vorreste voi che il mobile durasse a muoversi?
SIMP. Tanto quanto durasse la lunghezza di quella superficie né erta né china.
SALV. Adunque se tale spazio fusse interminato, il moto in esso sarebbe parimente senza termine, cioè perpetuo»

(Discorsi e dimostrazioni intorno a due nuove scienze, in Opere, VIII, p. 243)

Egli scrisse:

«Qualunque velocità impressa ad un mobile è per sua natura invariabile, fintantoché ogni causa esterna di accelerazione o di ritardazione è assente; condizione questa che si verifica soltanto sui piani orizzontali, poiché su piani discendenti agisce una causa di accelerazione e nei piani ascendenti una causa di ritardo, donde parimenti segue che il moto sul piano orizzontale dura in eterno poiché, in quanto uniforme, non aumenta, né diminuisce e tanto meno cessa.»

(Discorsi e dimostrazioni intorno a due nuove scienze, in Opere, VIII, p. 243)

Galileo attraverso questo dialogo spiega che non è necessaria una forza per mantenere un corpo in moto, ma solo per arrestarlo; inoltre non è la velocità o il movimento dell’oggetto che caratterizza l’azione di una forza, ma l’accelerazione. Il fatto (in sé vero) che noi dobbiamo sempre applicare una forza per mantenere un corpo in movimento non dipende da una tendenza intrinseca del corpo a fermarsi, ma dalla necessità di compensare l’attrito che ostacola il movimento. Per convincere il suo interlocutore della veridicità della sua ipotesi, Galileo utilizza l’esempio del moto di un grave su un piano inclinato: se il suo moto sappiamo che è accelerato nei piani in discesa e decelerato nei piani in salita, ne consegue che nei piani orizzontali, in cui non c’è nessuna pendenza, dovrà permanere con velocità non variabile. Cogliamo l’occasione per evidenziare che non sempre, come in questo caso, si possono effettuare esperimenti per verificare l’ipotesi che presumiamo essere la spiegazione del fenomeno, in quanto l’attrito non è mai completamente eliminabile. Per questo motivo Galileo si è avvalso di un esperimento ideale, che non prescinde dall’osservazione, ma, attraverso il ragionamento, va oltre di essa. Il testo che abbiamo riportato sopra, non è altro che una descrizione di un esperimento ideale. Si può inoltre osservare che, se è possibile coi mezzi odierni eliminare completamente l’attrito dell’aria creando il vuoto e quindi mostrare che oggetti non di diversa forma e peso cadono contemporaneamente, come mostra questo breve filmato:

La caduta dei gravi - L'esperimento di Galileo

La stessa cosa non è consentita per gli oggetti trascinati su una superficie: il suo attrito non sarà mai completamente eliminabile.

La seconda registrazione riguarda la legge dei numeri dispari, che esprime la proporzionalità diretta tra frazioni di spazio percorso dalla pallina sul piano inclinato al quadrato e frazioni di tempo impiegato a percorrerlo (da cui si deduce che lo spazio percorso cambia come il quadrato del tempo impiegato a percorrerlo). Nel testo Galileo scrive che alla metà del tempo impiegato rispetto alla discesa del grave di tutto il piano, corrispondeva la quarta parte della lunghezza del piano e così via. Questo rapporto tra tempo impiegato e lunghezza si mantiene invariato anche se viene cambiata l’inclinazione del piano.

Egli scrisse:

«Fatta e stabilita precisamente tale operazione, facemmo scender la medesima palla solamente per la quarta parte della lunghezza di esso canale; e misurato il tempo della sua scesa, si trovava sempre puntualissimamente esser la metà dell'altro: e facendo poi l'esperienze di altre parti, esaminando ora il tempo di tutta la lunghezza col tempo della metà, o con quello delli duo terzi o de i 3/4, o in conclusione con qualunque altra divisione, per esperienze ben cento volte replicate sempre s'incontrava, gli spazii passati esser tra di loro come i quadrati e i tempi, e questo in tutte le inclinazioni del piano, cioè del canale nel quale si faceva scender la palla; dove osservammo ancora, i tempi delle scese per diverse inclinazioni mantener esquisitamente tra di loro quella proporzione che più a basso troveremo essergli assegnata e dimostrata dall'Autore.»

(Galilei Galileo, Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze)

Galileo trova la legge dei numeri dispari (vedi grafico dell’esperimento). Ripetendo la misura per distanze diverse, Galileo deduce che lo spazio percorso è sempre proporzionale al quadrato del tempo impiegato a percorrerlo. In altri termini, se i tempi sono rappresentati da 1, 2, 3, 4, 5 ecc. gli spazi percorsi sono rispettivamente rappresentati da 1, 4, 9, 16, 25 ecc. Questa è la prima descrizione del tipo di moto definito, da Galileo in poi, “uniformemente accelerato”. Infine suggeriamo la visione di un filmato che descrive come Galileo eseguì l’esperimento attraverso le sue stesse parole contenute nel testo Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze.

TRB Studios - Il Piano Inclinato e l'Orologio ad Acqua

Riportiamo i brani più significativi contenuti nel filmato. Nel primo Galileo descrive il suo esperimento del piano inclinato specificando con dovizia di particolari il materiale utilizzato, le loro misure, gli accorgimenti tecnici (superficie deve essere liscia, la palla ben arrotondata):

«In un regolo, o vogliàn dir corrente, di legno, lungo circa 12 braccia, e largo per un verso mezo bracio e per l'altro 3 dita, si era in questa minor larghezza incavato un canaletto, poco più largo d'un dito; tiratolo drittissimo, e, per averlo ben pulito e liscio, incollatovi dentro una carta pecora zannata e lustrata al possibile, si faceva in esso scendere una palla di bronzo durissimo, ben rotondata e pulita; costituito che si era il detto regolo pendente, elevando sopra il piano orizzontale una delle sue estremità un braccio o due ad arbitrio, si lasciava (come dico) scendere per il detto canale la palla […]»

Nel secondo descrive lo strumento utilizzato da Galileo per misurare il tempo: l’orologio ad acqua. All’epoca di Galileo non esistevano orologi né cronometri e i metodi disponibili non avevano la precisione necessaria a calcolare il tempo di caduta delle sfere dal piano inclinato.

Inizialmente per misurare il tempo di caduta, Galileo aveva utilizzato il battito del polso:

«il tempo che consumava nello scorrerlo tutto, replicando il medesimo atto molte volte per assicurarsi bene della quantità del tempo, nel quale non si trovava mai differenza né anco della decima parte d'una battuta di polso»

In seguito, poiché si rese conto che occorrevano strumenti che fornissero misurazioni più precise, Galileo progettò e realizzò un orologio ad acqua:

«Quanto poi alla misura del tempo, si teneva una gran secchia piena d'acqua, attaccata in alto, la quale per un sottil cannellino, saldatogli nel fondo, versava un sottil filo d'acqua, che s'andava ricevendo con un piccol bicchiero per tutto 'l tempo che la palla scendeva nel canale e nelle sue parti: le particelle poi dell'acqua, in tal guisa raccolte, s'andavano di volta in volta con esattissima bilancia pesando, dandoci le differenze e proporzioni de i pesi loro le differenze e proporzioni de i tempi; e questo con tal giustezza, che, come ho detto, tali operazioni, molte e molte volte replicate, già mai non differivano d'un notabil momento»

L’orologio ad acqua consentiva dunque di misurare con una bilancia il peso di liquido fluito nel tempo di discesa attraverso un piccolo tubo. Questa misura permetteva di dedurre quanto tempo fosse trascorso. La visione del video proposto permette di farsi un’idea concreta del suo funzionamento. Notiamo da questo testo e da altri precedenti come per Galileo fosse importante la ripetizione dell’esecuzione dell’esperimento più volte, per essere sicuro che le sue deduzioni delle proprietà quantitative dei fenomeni studiati non fossero imprecise o tratte in modo casuale.

Galileo, essendo anche un buon musicista, batteva facilmente un ritmo mantenendo perfettamente il tempo probabilmente con precisione maggiore di quella con cui un qualsiasi dispositivo ad acqua poteva misurare il tempo. Perciò si presume che prima dell’utilizzo dell’orologio ad acqua, abbia sfruttato questa dote. Alcuni studiosi hanno accertato che aveva disposto sul percorso del piano inclinato delle sbarrette mobili trasversali di budello, del tipo usato nei primi strumenti a corde. Quando la sferetta veniva fatta rotolare giù per il canaletto e passava su una sbarretta, produceva un lieve clic. Galileo correggeva poi la posizione delle sbarrette di budello in modo che una palla liberata nella parte più alta del piano inclinato colpisse le sbarrette con un tempo regolare. Una volta che Galileo, grazie al suo orecchio musicale, aveva individuato le posizioni corrispondenti a intervalli di tempo abbastanza esatti, tutto quel che doveva fare era misurare le distanze fra le sbarrette. Queste diventavano sempre maggiori quanto più la palla acquistava velocità, illustrando la progressione 1, 3, 5, 7, ecc. (ecco perché si chiama legge dei numeri dispari) e permettendogli di comporre l'esperimento più complesso descritto nei Discorsi. Descrivendo le strategie utilizzate da Galileo per misurare il tempo viene sottolineata l’importanza di misure di precisione per giungere a leggi significative.

Fig. 12: discesa brachistocrona [fonte ]

Un ultimo aspetto che si può sottolineare è quello affrontato nell’attività 2 di tipo sperimentale che riguarda l’analogia tra il moto della pallina sul piano inclinato e del pendolo. Galileo aveva notato che se mettiamo due piani inclinati uno di fronte all’altro e osserviamo una pallina muoversi in modo continuativo avanti e indietro, tale moto ci può suggerire, in effetti, il moto del pendolo. Se osserviamo l’immagine qui riportata, Galileo considerava l'arco come equivalente a un insieme infinito di piani inclinati e studiò anche questo tipo di movimento. Esiste dunque, come abbiamo già constatato, un nesso tra questi due tipi di fenomeni.

Si può infine consultare il sito del museo di Firenze che contiene, oltre che delle immagini del piano inclinato, anche un filmato su di esso:

Museo Galileo.it - Piano Inclinato

Curricula

Si fa riferimento sia al D.L. n. 59/2004 sia al più recente D.M. del 31 luglio 2007 che, tra l'altro, inserisce l'individuazione del "tema principale" e dei "temi di sfondo" di un testo tra gli aspetti dell'abilità di lettura. Nel Quadro di Riferimento INVALSI del 2011, invece, si richiama esplicitamente la coesione sia nell'ambito della competenza di lettura (codice 4: "cogliere le relazioni di coesione organizzazione logica (entro e oltre la frase) e di coerenza testuale"), sia nell'ambito grammaticale (codice 6, testualità: "segnali di organizzazione del testo e fenomeni di coesione: anafora, connettivi, punteggiatura, ecc…") Evidente il rinvio al lessico e alla semantica (codice 4: "relazioni di significato tra le parole; polisemia; campi semantici; famiglie lessicali; usi figurati e principali delle figure retoriche, ecc.).

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