Tempo medio per svolgere l'attività in classe 4 ore
Dopo aver mostrato/proiettato delle immagini:
Vengono poste agli studenti le seguenti domande:
Perché la macchina, il masso e la fune si muovono?
Quali azioni sono state compiute nelle tre situazioni osservate?
Perché è stato utilizzato un carrello per muovere la macchina?
Cambia la velocità se aumenta il numero di persone che la muovono e se si, in che modo?
Attraverso le risposte degli studenti emerge un’idea intuitiva di movimento tale per cui occorre spingere con maggior forza se si vuole che il corpo si muova più velocemente. Se una persona spinge un oggetto (nel nostro caso la macchina) molto pesante da solo, la velocità è certamente inferiore rispetto a quando lo aiuta qualcuno. Il senso comune ci suggerisce dunque che la velocità è essenzialmente legata all’azione di spingere, sollevare o tirare, come è stato osservato attraverso le immagini. Com’è noto ai lettori di gialli polizieschi, un falso indizio imbroglia le cose e ritarda la soluzione. Così è avvenuto nel caso del moto: il ragionamento suggerito dall’intuizione era erroneo e condusse a false idee che prevalsero nei secoli. Inoltre occorre tener presente che il metodo sperimentale si affermò definitivamente solo a partire da Galileo e solo attraverso di esso è possibile svincolarsi da conclusioni intuitive basate sull’osservazione immediata, che possono condurre fuori strada. Per molto tempo, fino al medioevo si continuò a credere che la forza accompagna il moto durante tutto il tempo in cui esso avviene.
Infatti nella Meccanica attribuita ad Aristotele si legge:
Il corpo in moto si arresta, allorché la forza che lo spinge non può più agire più oltre in modo da spingerlo.
Aristotele inoltre riteneva che qualora il corpo si muovesse anche in assenza della spinta di qualche altro corpo - come per esempio accade ad una freccia dopo essere stata scoccata da un arciere - in questo caso fosse l’aria a mantenerlo in movimento.
Galileo comprese dov’è che l’intuizione sbaglia: la tendenza spontanea di un corpo in movimento libero da forze che lo ostacolano è di continuare a muoversi per sempre, al contrario di quel che credevano i filosofi aristotelici. Per questo anche la freccia, una volta scoccata, continua a muoversi; perciò non è l’aria a trasmettere il movimento, piuttosto essa agisce in senso opposto frenando l’oggetto (come vedremo più approfonditamente in seguito). Nella terza attività è riportato un dialogo scritto da Galileo in cui è spiegato nei dettagli questo passaggio.
Per approfondimenti ed esemplificazioni riguardo a questo aspetto rimandiamo al percorso didattico "Da uno scivolo non sempre si scivola", dove possono essere visionati anche filmati che mostrano per esempio cosa succede all’oggetto in moto se esso viene fortemente attenuato da varie fonti di attrito, potrebbe essere l’aria o il tipo di superficie su cui scorre l’oggetto.
Un’altra convinzione degli antichi era che tutti i corpi tendessero spontaneamente a raggiungere il proprio “luogo naturale”, determinato dalla loro forma sostanziale: corpi leggeri tenderanno quindi a salire e corpi pesanti a scendere, con una velocità proporzionale al loro peso. Osserva però Galileo:
«Ma se questo è, ed è insieme vero che una pietra grande si muove, per esempio, con otto gradi di velocità, ed una minore con quattro, adunque congiungendole ambedue insieme, il composto di loro si muoverà con velocità minore di otto gradi: ma le due pietre, congiunte insieme, fanno una pietra maggiore che quella prima, che si muoveva con otto gradi di velocità; adunque questa maggiore si muove meno velocemente che la minore; che è contro vostra supposizione.»
Attraverso questo ragionamento, riportato in originale, Galileo contesta il principio aristotelico secondo cui gli oggetti cadono con velocità proporzionali al loro peso. Si giungerebbe, infatti ad una contraddizione: la somma di due corpi congiunti, certamente più pesante di entrambi presi isolatamente, dovrebbe, in base a tale principio, muoversi con velocità superiore ad entrambi, mentre invece se non considerati come un corpo unico, l’esperienza ci dice che la composizione di essi si muoverà con una velocità intermedia a quella dei due corpi.
Le due immagini che seguono possono essere anche mostrate/proiettate agli studenti e commentate come è riportato sotto la didascalia.
In questa sezione vengono forniti cenni storici relativi al tentativo da parte di alcuni studiosi medievali di superare l’interpretazione del moto che proveniva dal mondo antico. Il metodo scientifico galileiano, il cui fondamento è l’esperimento, nasce dunque nell’alveo della tradizione medievale. Secondo la visione cristiana il mondo è creato da Dio in un atto libero di amore. Di conseguenza prima di tutto esso è donato e genera stupore e meraviglia per la sua bellezza. In secondo luogo è ordinato e le leggi della natura che lo governano sono a noi comprensibili ed esprimibili in un linguaggio razionale che è quello matematico.
Scrive Galileo ad un suo amico:
«Et sì come sono di infinito stupore, così infinitamente rendo grazie a Dio, che si sia compiaciuto di far me solo primo osservatore di cosa ammiranda, et tenuta a tutti i secoli occulta.»(Lettera a Belisario Vinta, in Opere, X, p. 280)
Nel medioevo alcuni studiosi come Buridano, ritenevano che i corpi indipendentemente dal loro peso, cadessero tutti alla stessa velocità senza l’effetto dell’aria. Inoltre i corpi lanciati si muovevano attraverso l’aria perché era dato loro un certo “impeto” iniziale e non per effetto del moto dell’aria, come sosteneva Aristotele. Oresme aveva esposto un enunciato sulla relatività del moto e fu il primo a scoprire la “legge dei numeri dispari” relativa al moto uniformemente accelerato che avremo occasione di descrivere nella terza attività che riguarda gli esperimenti condotti da Galileo che utilizzano il piano inclinato.
Si fa riferimento sia al D.L. n. 59/2004 sia al più recente D.M. del 31 luglio 2007 che, tra l'altro, inserisce l'individuazione del "tema principale" e dei "temi di sfondo" di un testo tra gli aspetti dell'abilità di lettura. Nel Quadro di Riferimento INVALSI del 2011, invece, si richiama esplicitamente la coesione sia nell'ambito della competenza di lettura (codice 4: "cogliere le relazioni di coesione organizzazione logica (entro e oltre la frase) e di coerenza testuale"), sia nell'ambito grammaticale (codice 6, testualità: "segnali di organizzazione del testo e fenomeni di coesione: anafora, connettivi, punteggiatura, ecc…") Evidente il rinvio al lessico e alla semantica (codice 4: "relazioni di significato tra le parole; polisemia; campi semantici; famiglie lessicali; usi figurati e principali delle figure retoriche, ecc.).