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Il parlato

di Cristina Lavinio - GISCEL  

12 - Generi orali

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Bisogna considerare, comunque, che i testi che nell’oralità vengono prodotti più spesso (e che si producono continuamente) sono testi di parlato conversazionale, risultanti dall’apporto di due o più parlanti i quali, coinvolti in una medesima conversazione, la sviluppano alternandosi in vari turni di parola variamente distribuiti. Nelle conversazioni, che in genere sono spontanee (perché nessuno dei parlanti coinvolti ne ha pianificato preventivamente lo sviluppo o i temi da trattare), si addensano in particolare tutti i fenomeni che caratterizzano il parlato e che si sono ricordati. Le conversazioni diventano così il prototipo del parlato-parlato; mentre gli stessi caratteri linguistici ‘parlati’ si distribuiscono variamente, e in modo più diluito, in altri tipi di parlato. Più precisamente, quando il parlato non è conversazionale, è monologico, prodotto da un solo parlante che non prevede di essere interrotto dai suoi destinatari. Ma ci sono vari tipi (o generi) di parlato monologico, che vanno da quello più spontaneo, non pianificato o non programmato in anticipo, a quello più pianificato e prodotto magari con l’aiuto di una scaletta scritta o di appunti predisposti preliminarmente. Così come ci sono vari generi di parlato, sia conversazionale che monologico.

 

Un genere di parlato conversazionale (cioè con continuo e frequente cambio dei turni di parola tra almeno due parlanti) è la conversazione, che però può diventare anche discussione o degenerare nel litigio (quando viene meno la cooperazione comunicativa e non ci si ascolta più a vicenda, con voce alterata e turni che tendono a sovrapporsi).

 

Generi di parlato monologico possono essere considerati la lezione frontale, la conferenza, la predica, il comizio, l’arringa giudiziaria. Ma anche generi trasmessi soprattutto oralmente (barzellette, aneddoti) e/o di generazione in generazione (generi tradizionali orali come fiabe popolari, leggende, storie di vario tipo e variamente denominate nelle varie culture) sono generi di parlato monologico e non spontaneo, dal momento che la storia (si tratta soprattutto di testi narrativi) è già nota (e dunque preesiste alla sua narrazione) e deve essere solo ri-raccontata. Pur usando parole diverse e da mettere insieme di volta in volta nella superficie dell’esecuzione narrativa, la storia preesiste all’esecuzione stessa ed è già in-scritta nella memoria di chi narra. Si tratta di testi molto pianificati, dunque.

 

Sarebbe interessante chiedersi quali e quanti dei fenomeni di parlato sopra elencati siano più persistenti e reperibili con altrettanta facilità in questi vari generi; sarebbe interessante illustrare e /o scoprire le specificità di ciascuno. Si potrebbe per esempio scoprire che nel parlato narrativo ci sono varie peculiarità: il ricorso molto frequente alla citazione della parola detta (quando si fanno parlare i personaggi del racconto) in una forma che (in tutte le lingue) è rigorosamente quella del discorso diretto; oppure che (sempre in molte lingue) quando il racconto si fa dettagliato e introduce o intercala la parola dei personaggi procede ricorrendo al presente come tempo verbale; oppure si potrebbe scoprire che, tra i generi di parlato citati, quelli più elaborati sintatticamente possono essere quelli delle arringhe giudiziarie, con lunghi periodi mozzafiato, fatti di più proposizioni coordinate e subordinate a cannocchiale l’una all’altra. 

 

Non c’è qui ora lo spazio per continuare. Si può solo ricordare, in chiusura, che le opposizioni tra parlato e scritto non sono sempre nette e che ci possono essere testi orali più complessi (anche quanto a scelte linguistiche, e non solo nella loro organizzazione complessiva) di testi scritti (una conferenza scientifica sarà sicuramente molto più complessa di una lettera a un amico, di una mail, di un  SMS...); oppure che ci sono testi scritti utile fonte per lo studio e l’osservazione del parlato, anche di quello non documentato di altre epoche o di quello di una lingua che si sta studiando come straniera (soprattutto il dialogato dei testi narrativi o i testi teatrali, o anche i copioni e le sceneggiature di film: testi scritti per essere fruiti come se non fossero scritti).

 

Nello stesso tempo, si deve sottolineare che chi parla sempre e comunque “come un libro stampato” mostra una grande rigidità linguistica e pragmatica, cioè una grande incapacità di adattare il proprio comportamento linguistico alle situazioni comunicative e ai suoi interlocutori e sbaglia quanto chi, scrivendo, scrive come parla, travasando in modo incontrollato nella scrittura di ogni tipo espressioni e formulazioni che sono accettabili e usate solo o prevalentemente nel parlato.


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