Colophon
© Agenzia Scuola 2012
Verifica finale
Per una verifica generale sul percorso si propongono due attività: potranno essere svolte entrambe, oppure scelte secondo il livello degli alunni.
a) Provate a scrivere un racconto partendo da questo incipit di Gianrico Carofiglio (Il passato è una terra straniera):
È appoggiata al banco, è sola e beve una spremuta. Per terra, vicino alle gambe, ha una borsa di pelle nera e non so per quale motivo vengo attirato proprio da questo particolare.
b) Scrivete un racconto breve, ricordandovi di iniziare con un incipit coinvolgente, di costruire almeno un personaggio umanamente complesso e di farlo parlare in modo credibile. Solo una volta che il racconto sia finito, ipotizzate un titolo.
Autovalutazione degli alunni
Le mie parole chiave: gli alunni devono indicare fra 5 e 10 parole chiave significative del percorso realizzato.
Che cosa ho imparato: gli alunni devono produrre un breve testo in x righe/parole (a discrezione dell'insegnante), in cui esprimono con parole loro che cosa hanno imparato, durante il percorso, facendo esempi.
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Questo prodotto multimediale è stato realizzato nel 2012 da INDIRE – ANSAS con i fondi del Progetto PON Lingua, letteratura e cultura in una dimensione europea, codice B-10-FSE-2010-2, cofinanziato dal Fondo Sociale Europeo.
La grafica, i testi, le immagini, l’audio, i video e ogni altra informazione disponibile in qualunque formato sono utilizzabili a fini didattici e scientifici, purché non a scopo di lucro e sono protetti ai sensi della normativa in tema di opere dell’ingegno (legge 22 aprile 1941, n. 633).
Prima edizione 2012 - Progetto PON Lingua, letteratura e cultura in una dimensione europea, codice B-10-FSE-2010-2
"Hank?".
"Sì?".
"È stato per scappare da qualche donna che sei venuto qui?".
"Sì".
"È finita con lei?".
"Mi piacerebbe crederlo. Ma se dicessi 'no'..."
"Allora non sai?".
"No, non so..."
"Ma si sanno mai queste cose, d'altra parte?".
"Io credo di no".
"Ecco perché le storie d'amore puzzano".
(C. Bukowski, Donne)
Bukowski non scrive "Sei venuto qui per scappare da quella donna?", ma inserisce una frase scissa ("È stato per scappare da qualche donna che sei venuto qui?") usata frequentemente nell'oralità:
Altri esempi di frasi scisse:
In ognuna di queste frasi scisse si pone in posizione anticipata ciò che intendiamo mettere in rilievo. Sullo stesso piano si può trovare il "C'è presentativo":
Nel dialogo, quando si può, conviene usare frasi nominali, cioè senza il verbo:
- No, cioè... sì... una notizia che vi farà piacere...
- Che notizia?
- Ma... ecco, dicono... che tante volte... sì, uno si inganna e che poi non è vero... in certe malattie...
- Miracoli della Madonna, ecco! - esclama uno, con gli occhi spiritati, non sapendo più contenersi.
- Che miracoli? che malattie? Parlate - fa il Mago alzandosi, inquieto.
Ma già comincia a farsi sentire dal fondo della via il clamore confuso della processione.
- Vostra moglie, sentite?
- Ebbene?... Ebbene?... - balbetta don Saverio impallidendo, poi, a un tratto, arrossendo.
- Non è morta? - domanda stupito uno dei quattro compagni.
- No, don Saverio, no! sentite? ve la por... Oh Dio, don Saverio! Che avete?
Il Mago si abbandona sulla seggiola, privo di sensi. - Aceto! Aceto! Fategli vento!
(L. Pirandello, La paura del sonno, in Delitti bestiali)
In questo brano Pirandello elimina il verbo molte volte:
Anche Stephen King, considerato un grande esperto di monologhi, consiglia come Cerami di vedere gli errori degli altri, per capire come si dovrebbe scrivere un monologo e riporta l'esempio di H.P. Lovecraft, maestro del macabro, ma pessimo scrittore di monologhi.
Ne Il colore venuto dallo spazio un contadino morente descrive la presenza aliena che ha invaso il suo pozzo:
"Niente... niente... il colore brucia... freddo e bagnato... ma brucia... vive nel pozzo io l'ho visto... una specie di fumo... proprio come i fiori l'altra primavera... il pozzo di notte brillava... tutto quello che è vivo... succhiava via la vita da tutto quanto... nel sasso… deve essere arrivato in quel sasso..."
(H.P. Lovecraft, Il colore venuto dallo spazio)
"Ragazzi, la gente non parla in questo modo, - commenta Stephen King - nemmeno in punto di morte […] è ampolloso e privo di vita, infarcito di inflessioni" (S. King, On writing)
Nei monologhi dunque:
L'interesse che nutri per i vestiti di solito non ti porta oltre i Brooks Brothers e J. Press - e al momento hai qualche piccolo problema di credito con entrambe le spettabili ditte. Ma questa mattina stai aspettando di entrare nella sala da ballo del Waldorf-Astoria, dove un famoso stilista terrà la sfilata della collezione autunno-inverno. Sei riuscito a farti dare un invito dal tuo amico che lavora a 'Vogue'. Ha un debito con te da quella volta che ha preso la tua Austin Healey per andare a Westchester ed è andato a sbattere contro mezza tonnellata di cervo. Conosci gente che va a caccia da anni e non l'ha mai nemmeno visto, un cervo così. La macchina è finita in un deposito di rottami di Pleasantville. Non sai cosa è successo al cervo, ed è difficile dire cosa sia capitato ai soldi del'assicurazione tranne che sono spariti in un paio di settimane. Sulla porta, una donna alta coi capelli d'argento esamina attentamente il tuo invito. Ai lati della porta, due grossi negri in turbante con le braccia incrociate sul petto. Dovrebbero essere schiavi nubiani o qualcosa del genere. Solo uno stilista italiano può permettersi una messinscena come questa. La donna sembra essere un gruppo etnico a sé. Non ha ciglia né sopracciglia. L'attaccatura dei capelli è estremamente alta, non molto distante dalla sommità della testa. Ha avuto un incidente oppure è chic? "Mister..." "Allagash," dici tu, mettendoti sull'attenti. È il primonome che ti è venuto in mente. Non hai intenzione di usare il tuo".
(Jay McInerney, Le mille luci di New York)
Il vantaggio di raccontare in seconda persona è che si crea una sensazione di intimità, come se il narratore stesse sussurrando all'orecchio del personaggio.
Lo svantaggio è che è difficilissimo portare avanti un racconto tutto alla seconda persona.
Vorrei dirvi: Sono nato in Carso, in una casupola col tetto di paglia annerita alle piove e dal fumo. C'era un cane spelacchiato e rauco, due oche infangate sotto il ventre, una zappa, una vanga, e dal mucchio di concio quasi senza strame scolavano, dopo la piova, canaletti di succo brunastro.
Vorrei dirvi: Sono nato in Croazia, nella grande foresta di roveri. D'inverno tutto era bianco di neve, la porta non si poteva aprire che a pertugio, e la notte sentivo urlare i lupi. Mamma m'infagottava con cenci le mani gonfie e rosse, e io mi buttavo sul focolaio frignando per il freddo.
Vorrei dirvi: Sono nato nella pianura morava e correvo come una lepre per i lunghi solchi, levando le cornacchie crocidanti. Mi buttavo a pancia a terra, sradicavo una barbabietola e la rosicavo terrosa. Poi son venuto qui, ho tentato di addomesticarmi, ho imparato l'italiano, ho scelto gli amici fra i giovani più colti; ma presto devo tornare in patria perché qui sto molto male.
Vorrei ingannarvi, ma non mi credereste. Voi siete scaltri e sagaci. Voi capireste subito che sono un povero italiano che cerca d'imbarbarire le sue solitarie preoccupazioni.
(S. Slataper, L’esoterismo dell’aspirapolvere in L’amico del pazzo e altri racconti )
Dibber Lannon ha un fratello più grande. Si chiama Pat Lannon. Dibber mi ha detto che suo fratello Pat un giorno o l'altro diventa papa. Be', di sicuro Dibber è fuori di testa. Dibber ha detto che Pat diventerà il più grande papa del mondo, più grande perfino di papa Pio. Mi scompiscio, Dibber Lannon! Ecco perché: Pat Lennon stava in terza media quando io e Dibber stavamo in terza elementare. Me lo ricordo bene. Un gran fratello davvero! Puah! Era uno spione, ecco che cos'era. Il campione degli spioni della scuola, e ancora detiene il record. Dibber questo non lo sa. Come potrebbe? Era il fratello piccolo, e come poteva un fratello piccolo sapere che suo fratello maggiore era uno spione? Chi glielo diceva? Nessuno. Bene, mi scompiscio, Dibber Lannon.
(J. Fante, La grande fame. Racconti 1932-1959 )
Il mio nome per la legge è Alexander Perchov. Ma tutti i miei amici mi chiamano Alex, perché è una versione del nome più flaccida da pronunciare. Mia madre mi chiama Alexi-basta-di-ammorbarmi perché sempre la ammorbo. Se volete sapere perché sempre la ammorbo, è perché sempre sono in altri posti con amici, e seminando tanta moneta e eseguendo così tante cose che possono ammorbare mia madre. Mio padre mi chiamava Shapka per il cappello di pelliccia che calzavo in testa anche nei mesi d'estate. Poi ha smesso di dirmi così perché gli ho ordinato di smettere di dire così. Mi sembrava un nome bambinoso, e io invece mi sono sempre pensato un uomo molto potente e inseminativo.
((J. Safran Foer, Ogni cosa è illuminata )
Con una ironica presentazione del personaggio come quella de L’amico del pazzo di Marco Drago o di Mi scompiscio, Dibber Lannon di John Fante, oppure con un’irriverente autopresentazione, come quella de Il giovane Holden di Salinger o del personaggio di Ogni cosa illuminata di J. Safran Foer, si può dare avvio a un racconto molto divertente o con una forte carica d’irriverenza verso tutto quello che sta intorno, a cominciare dagli stessi genitori.
Il primo carabiniere che entrò nella stanza scivolò sul sangue e cadde su un ginocchio. Il secondo si arrestò sulla soglia come sul bordo di una buca, agitando le braccia aperte, per lo slancio. - Madonna Santa! - urlò, serrando le guance tra le mani, poi si voltò e corse nel pianerottolo e giù per le scale e oltre la porta e fuori, nel cortile del palazzo, dove si aggrappò al cofano della Punto bianca e nera e si piegò in avanti, spezzato in due da un conato violento. In ginocchio sul pavimento, al centro della stanza, la pelle dei guanti incollata al pavimento appiccicoso, il brigadiere Carrone si guardò attorno e gli sfuggì un singhiozzo roco, quasi un rutto.
(C. Lucarelli, Almost blue)
Un racconto può iniziare anche con un pezzo di bravura descrittiva di uno spazio interno o esterno, naturale o urbano, che sarà lo sfondo primario della storia.
In questo caso si tratta di un incipit che ci introduce in medias res (nel mezzo delle cose, Orazio, Ars poetica) sulla scena di un delitto: a Bologna gira un serial killer pericoloso pronto a colpire ancora.