Scrittura creativa: mondi immaginari

di C. Nesi

Attività 2 - Fase I

Il punto di vista


Poche informazioni sul punto di vista (cfr. 2.5.2 Focalizzazione di N. Tonelli) possono bastare per scrivere un racconto, tenendo anche presente che nei racconti brevi manca lo spazio per una rotazione delle focalizzazioni: fare troppi spostamenti fra punti di vista può rischiare di indebolire la storia.


Esistono moltissimi modi per cominciare una storia. Proviamo a guardarne alcuni per ispirarci:



Laboratorio

Racconta in prima persona un evento che ti è rimasto impresso per l'emozione provata. (tempo concesso: max 20 minuti)




Approfondimento. L'Immagine madre

La lettura in classe di alcuni testi potrebbe far ragionare sull' "un'immagine madre". In che consiste?

Ognuno, dice Kundera ne L'ignoranza, ricorda solo attimi significativi del proprio vissuto: di una intera storia d'amore possono restare solo poche immagini e anche dell'infanzia e dell'adolescenza: dipende dal peso, che a certi episodi soggettivamente si è dato.

Spesso è la voglia di comunicare un'emozione provata in passato che spinge a scrivere. Come fare per raccontarla? Spesso né aggettivi, né avverbi consentono a un altro di diventarne partecipe. L'emozione non passa.

Chi ha visto il film di Benigni La tigre e la neve avrà ascoltato il racconto di un poeta che da ragazzo non seppe comunicare alla madre l'emozione provata nell'aver tenuto sulla spalla un uccellino. Il fatto è mutuato da una storia realmente accaduta a La Capria:

Per me la letteratura significa trasmettere attraverso le parole un'emozione, l'ho scoperto, un giorno, mentre tornavo a casa dalla scuola. Stavo attraversando i giardini della Villa Comunale, ed ecco che un canarino si posa sulla mia spalla. Sorpreso da questo fatto che mi apparve straordinario e meraviglioso, sentii il mio cuore che batteva forte per l'emozione. Adesso il canarino sentirà il battito del mio cuore e volerà via. Ed infatti lo sentì e volò via.
Io corsi a casa a dire a mia mamma la cosa straordinaria che mi era capitata, ma quando dissi: mamma, un canarino si è posato sulla mia spalla!, mi accorsi subito dopo averlo detto, di non aver detto nulla dell'emozione che avevo provato, perché la frase che avevo pronunciato non la conteneva.
Come si fa allora a dirla? Ci pensai e ci ripensai, e da allora tutto il mio lavoro di scrittore è stato: come dare una risposta a quella domanda.
Capii che per dire quell'emozione non bastava una semplice frase ma dovevo muovere un esercito di parole, con una guida, una strategia, un piano d'attacco, e conquistare così il castello dell'emozione. Fu questa la "lezione del canarino".

(R. La Capria, La lezione del canarino)

Per essere ricreata sulla pagina, l'emozione non può essere "descritta". Questo è il punto.

Eppure, "se non gli viene dato modo di vivere la storia, di toccarla con mano, il lettore – diceva Flannery O'Connor - non crederà a niente di quel che il narratore si limita a riferirgli" (Il territorio del diavolo). Far toccare con mano, dunque. Questo è importante.

Per farlo, bisogna ripartire dalle "cose" che hanno determinato quell'emozione. Conterà il tocco inaspettato delle zampe, l'immagine palpabile dell'animale, la rigidità corporea del bambino timoroso di spaventarlo, tutto ciò, insomma, che ha suscitato la sensazione.

E se l'immagine madre riguardasse un luogo, magari la propria vecchia camera, allora sarebbe importante che emergesse la ruvidezza di una coperta o il suono di una sveglia o l'odore delle lenzuola o il gusto delle liquirizie nascoste in un cassetto. Tutte sensazioni capaci di allargare con tutti gli altri sensi la percezione visiva. E magari, sul piano cinestetico, potremmo ricordare anche il movimento di un corpo che s'infila sotto le coperte.

Solo una descrizione tutta cose e fatti consente di ricreare con efficacia le condizioni per accendere nel lettore quella stessa emozione, quella stessa immagine madre.

Ogni studente dovrebbe cercare un'emozione rimasta impressa per anni nella sua mente in modo indelebile e sia che si tratti di un oggetto, sia che si tratti di un luogo amato/odiato, provare a raccontarla.

Potrebbe essere anche solo un piccolo flash, come quello narrato da C. Isherwood in Ritorno all'inferno:

Io, per esempio, all'età di nove anni, riuscii fortunosamente a segnare un goal durante una partita di calcio scolastica. Quando lasciai il campo, mi guardai in uno specchio dello spogliatoio, pensando che quell'imprevedibile successo atletico avesse in qualche modo mutato il mio aspetto. Non lo aveva cambiato affatto, ma ricordo esattamente com'ero e come mi sentivo.

(C. Isherwood, Ritorno all'inferno)

Ciò che conta, per essere convincenti, è non indebolire la scrittura con emozioni meccaniche o – secondo l'insegnamento di Gardner – con frasi logore come l'eco della sua sonora risata o con un lampo di felicità negli occhi. Raccontare in modo vivido richiede una buona selezione di quanto si ritiene importante e una resa sulla pagina precisa e chiara, senza abbellimenti posticci.

Laboratorio. Il biomitema

Racconta in terza persona un personaggio importante o un evento improvviso o una sensazione inaspettata, che abbiano segnato un momento di cambiamento nella vita di una persona. Può anche trattarsi di un avvenimento qualsiasi della quotidianità, che abbia però fatto assumere di colpo a una giornata qualsiasi una prospettiva perturbante, misteriosa o semplicemente nuova. Questo è quello che si definisce un biomitema.
(tempo concesso max 20 minuti)