Scuola e cittadinanza digitale: esperienze e modelli

Franco Torcellan

Problema di partenza

Nei primi anni del 2000 si assiste nel Web ad una forte trasformazione. Potremmo dire con una battuta che al web delle informazioni e dei documenti si affianca rapidamente un web delle persone. Nel 2004 a questo nuovo web viene apposto il nome di Web 2.0 a seguito della “Web 2.0 Conference” della O'Reilly Media. Il nome ricalca, con la sua notazione puntata, lo sviluppo del software. In realtà, sebbene si possano individuare alcuni elementi tecnici di novità (ad esempio, le nuove tecnologie di programmazione Ajax e Adobe Flex, l'elemento centrale del cambiamento va individuato nella dimensione culturale. Il nuovo web è caratterizzato infatti dalla consapevolezza che nel web si può essere presenti con una propria identità, si possono produrre e condividere “oggetti”, testuali e multimediali, si può cooperare e si possono avviare confronti, discussioni, fare proposte e prendere decisioni.

Per dirla in termini geografici, nel cyber-space si distinguono i siti, ma anche i luoghi virtuali: i luoghi si caratterizzano rispetto ai siti perché, non solo contengono informazioni e documenti, ma compongono anche un territorio in cui, per dirla con Sergio Maistrello, le persone “prendono casa”.

Maistrello e Luisa Carrada: la “parte abitata” della rete

Nella definizione di “parte abitata” della rete è contenuta un'idea di “cittadinanza digitale” molto concreta, legata non solo ad un concetto fondante della nostra società, ma anche alla dimensione realmente vissuta dai cittadini: l'abitare luoghi e territori, reali e virtuali, profondamente intrecciati tra loro. I bambini e i giovani hanno colto l'essenza sociale del nuovo web più “naturalmente” degli adulti. Essi sviluppano una quantità notevole di relazioni on line. Non sempre sono però in grado di gestirle adeguatamente.

Spesso, infatti, non sono guidati nella scoperta di questa nuova realtà da educatori preparati in materia e gli stessi genitori non sono in grado di svolgere la loro funzione in un mondo in cui si trovano a disagio nell'operatività minima. Spesso gli adulti fuggono davanti al problema, promuovendo i giovani a livelli di competenza sociale che effettivamente non possiedono, confondendola con le abilità tecniche. In altri casi essi risolvono il problema eliminandolo attraverso forme di proibizionismo. Paradossale risulta il divieto d'uso di cellulari e smartphone nella scuola italiana: tali strumenti si sono evoluti nella complessità del “mobile” (fino agli attuali tablet), che li rende molto utili, se opportunamente gestiti, quali elemento degli ambienti di apprendimento. Allo stesso modo, le scuole mettono forti limiti alla connettività, inibendo proprio gli ambienti più marcatamente sociali del Web quali i social network e i social media come Facebook e YouTube.

Gli studenti, a fronte di una facilità di accesso e di abilità tecniche apprese con grande rapidità, spesso manifestano:

  • superficialità nella navigazione e nei rapporti intepersonali; individualismo, narcisimo e una socialità orientata al clan più che alla comunità;
  • scarsa capacità di controllo delle emozioni;
  • un non risolto senso della privacy;
  • limitato senso di responsabilità;
  • conflittualità rispetto ai criteri di legalità;
  • scarsa conoscenza dei pericoli della rete e dei necessari comportamenti per la sicurezza.