3.7 DIALETTO E ITALIANO REGIONALE IN LETTERATURA
Gli inserti dialettali nella letteratura hanno forme e motivazioni diverse, fino a esperienze particolari come quelle del notissimo Andrea Camilleri nella cui prosa è molto interessante l'impasto del dialetto con l'italiano.

In altre opere ci sono voci dialettali riportate integralmente, per esempio nel romanzo "La lunga vita" di Marianna Ucrìa (1990) che la scrittrice Dacia Maraini ambienta in Sicilia, si possono leggere vari dialettalismi come "babbu", parola siciliana ma anche calabrese e pugliese, che significa "cretino, babbeo'": "quella babba della zia Fiammetta vorrebbe che lei zappasse l'orto in convento, come le altre", "E io sempre più scimunita e babba ci dico: "Se non ve ne andate, popolaccio, chiamo i dragoni del signor padre".

Non sempre le voci dialettali sono facilmente individuali, come per esempio nel passo: "L'uomo era vestito da marinaio, con la milza di panno in testa, la casacca e i pantaloni a sacco", tratto da "Il sorriso dell'ignoto marinaio" di Vincenzo Consolo (1987), la parola "milza" corrisponde al siciliano "meusa" che non solo significa "milza" ma anche "antico berretto, provvisto di una lunga falda posteriore" e che deve il suo nome alla forma simile a un milza.
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