I dialetti galloitalici comprendono i dialetti piemontesi, lombardi, liguri, emiliani e romagnoli. Essi sono complessivamente chiamati galloitalico o gallo-italico.
La denominazione risale a Bernardino Biondelli (1853) ed è dovuta al fatto che l'area condivide elementi che si ritrovano in quella francese e che costituiscono il risultato di un'evoluzione comune, dal latino, per ragioni storiche e culturali: presenza di sostrato celtico e di un superstrato germanico, continuità di rapporti con la Gallia perlomeno sino all'XI secolo e anche dopo.
Le principali caratteristiche sono:
• presenza di vocali turbate, ovvero le pronunce del tipo "lüna" "luna", "lüm" "lume", "cör" "cuore", ecc. Sono particolari pronunce simili a quelle del francese di vocali come u ed o, quando nella parola sono accentate, e nelle corrispondenti parole latine erano rispettivamente u lunga e o breve. Si considera questo un influsso del sostrato celtico, un riflesso di antiche pronunce della lingua prelatina parlata nel territorio che hanno condizionato la pronuncia del latino;
• la vocale a quando è accentata diventa è, cioè e dal timbro aperto, esito che riguarda specialmente il piemontese nelle forme
verbali "parlè" "parlare", "cantè" "cantare", e soprattutto il romagnolo "sèl" "sale", "tèl" "tale". Anche questa pronuncia, che concorda con il francese, si ritiene un riflesso dell'antico sostrato celtico del territorio;
• il gruppo consonantico - CT - delle parole latine, per esempio "LACTE(M)" "latte", "NOCTE(M)" "notte", si modifica in due modi diversi: nel piemontese centroccidentale e ligure diventa -it-: "làit" "latte", "nòit" "notte", nel piemontese orientale e nel lombardo diventa c, come c nell'italiano cena): "lac", "noc". Anche per questo esito viene ipotizzato un riflesso dell'antico sostrato celtico;
• ampiamente diffusa in area settentrionale, escluso il ligure e una parte del veneto, con diversa intensità, è l'ampia caduta di vocali finali (o apocope vocalica), non accentate (atone) generalmente diverse da –a. Per esempio dal latino "AMICU(M)" "amico'" si ha in area settentrionale l'esito "amìk" o "amì", invece in parte del veneto "amìgo", in ligure "amìgu". Particolarmente diffusa in emiliano, romagnolo e lombardo, ma ben attestata anche in piemontese e ligure, è pure la caduta delle vocali che nella parola non sono accentate e si trovano in posizione diversa da quella finale: così dal latino "TELARIU(M)" "telaio" si "tlar", "tler" in dialetti come l'emiliano e il romagnolo.