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materiali di studio


Piano educativo individualizzato: Diagnosi funzionale, Profilo dinamico funzionale, attività e interventi

 

6.1 Strategie base di insegnamento-apprendimento

Le tecniche di «shaping» e «chaining»

Lo shaping è una classica tecnica comportamentale per lo sviluppo di comportamenti complessi, non presenti nel repertorio di abilità del bambino. Si attua tramite l’aiuto ed il rinforzo sistematico di approssimazioni sempre più vicine al comportamento finale.
Se un bambino, ad esempio, è molto timoroso e non parla mai in classe di sua spontanea volontà, l’insegnante può decidere di usare lo shaping per sviluppare passo dopo passo una serie di comportamenti di partecipazione abbastanza complessi e, per il momento, ancora fuori portata di quel bambino. L’insegnante può iniziare aiutando la partecipazione del bambino rivolgendogli una domanda molto semplice, che gli richiede un livello di capacità già stabilmente posseduto. In queste condizioni le probabilità di una risposta corretta e di un conseguente rinforzo sono molto alte. Una volta consolidato e reso frequente questo primo livello di partecipazione, l’insegnante richiederà una seconda approssimazione alla meta, e cioè ad esempio rivolgerà una domanda non più solo a lui, ma assocerà anche un altro alunno, e così via.
Lo shaping richiede una grande flessibilità e attenzione da parte dell’insegnante, che dovrà cogliere anche progressi molto lievi, per rinforzarli positivamente, come, in questo caso, il semplice dirigersi dello sguardo e degli accenni di movimenti della bocca. In questo senso, lo shaping si avvicina di più a una «filosofia» generale di intervento, che non ad una tecnica ben precisa, come è invece il chaining (concatenamento).
Il chaining è anch’esso una classica tecnica comportamentale, derivata dagli studi di Skinner sull’apprendimento operante. L’obiettivo è lo stesso dello shaping, e cioè costruire un comportamento complesso, attualmente non presente nel repertorio di abilità, ma il metodo è radicalmente diverso. Nel chaining il comportamento finale viene descritto nei suoi micro comportamenti con la task analysis, e diventa così simile ad una catena di unità di risposta singole e facilmente accessibili. L’insegnante inizia poi con il proporre l’ultimo anello di questa catena (concatenamento retrogrado), perché si ritiene che l’ultimo componente del comportamento complesso sia il più rinforzante, essendo quello contiguo al rinforzamento naturale finale.



Strategie di generalizzazione e mantenimento

Le tecniche descritte nei paragrafi precedenti producono senz’altro, se applicate correttamente e sistematicamente, dei risultati significativi e apprezzabili, ma ci dobbiamo anche porre due domande critiche per giudicare l’effettivo successo delle procedure impiegate. I cambiamenti ottenuti si estendono anche a situazioni, contesti, persone o materiali diversi da quelli dove è o era attivo l’intento originale, in modo tale che si possa affermare che vi è stata «generalizzazione dello stimolo»? E inoltre: i cambiamenti ottenuti si mantengono nel tempo, dopo che le condizioni speciali del programma di intervento originario si sono attenuate del tutto e interrotte?
Nella pratica i due problemi si vengono quasi a sovrapporre, dal momento che l’obiettivo sarà veramente raggiunto quando le nuove abilità saranno applicate in tutti quei vari contesti e per tutto il tempo in cui questo è necessario. Per questo motivo verranno descritte insieme le tecniche che si sono dimostrate utili per ottenere generalizzazione e mantenimento delle abilità acquisite.
La prima strategia fa riferimento al portare il comportamento sotto il controllo di contingenze di rinforzamento che sono attive naturalmente nell’ambiente reale di vita dell’alunno. In questo modo le contingenze artificiali possono essere tranquillamente interrotte, dal momento che la stessa funzione è svolta ora da eventi regolarmente presenti nell’ambiente.
La generalizzazione avverrà inoltre con maggiore probabilità se si verifica un’espansione del controllo che alcuni stimoli (quelli usati originariamente nell’insegnamento) hanno sul comportamento positivo. Il bambino sarà dunque in grado di generalizzare se riconoscerà, in altri contesti o situazioni, degli aspetti di stimolo che gli consentiranno di assimilare questa nuova condizione a quella precedente. Ciò può avvenire con maggiore facilità se si introducono nell’insegnamento un numero sufficiente di esemplari diversi della situazione stimolo, oppure vari insegnanti, o vari ambienti dove simulare le abilità, oppure se si insiste particolarmente sul lavoro con quello che viene definito il «caso generale», la situazione cioè che racchiude in sé quante più caratteristiche di tipicità, che poi si ritroveranno nelle varie situazioni naturali.
La modificazione delle contingenze di rinforzamento può essere un’altra strategia efficace per la generalizzazione e il mantenimento: ciò significa rendere il rinforzo positivo non sempre continuo e in rapporto immediato 1:1 con la risposta desiderata, ma gradualmente differito nel tempo dopo l’esecuzione della risposta, dato in modo intermittente, dopo due, tre e via via sempre più risposte e soprattutto in maniera irregolare, di modo che siano sempre meno evidenti le contingenze originarie.
Il trasferimento di abilità da un contesto all’altro e la loro durata si possono ottenere anche con l’uso, nel ruolo di facilitatori, aiutanti e tutor, di altri alunni, compagni del soggetto.

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