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La scuola di Pasolini. Un itinerario conoscitivo tra biografia, opera e contesto storico

a cura di Angela Gregorini e Catia Scisciani


Anni Sessanta: Pasolini conduce una rubrica sulla rivista “Vie Nuove”, con la quale inizia ad avviare un rapporto problematico, e a volte difficile, con “la massa”, rivolgendosi come un intellettuale che si pone tra le persone cercando di consigliare o, più semplicemente, far riflettere. Rilevante si mostra la “questione giovanile”, attraverso la quale egli manifesta tutto il suo ottimismo pedagogico e la sua ansia fiduciosa: “Io so che i migliori italiani sono i giovani, dai 16 ai 20 anni: di gran lunga i migliori. Essi sono ancora alle soglie della vita sociale e di essa vedono solo i più puri ideali: non ne sono ancora contaminati, corrotti, livellati, spaventati. Essi sono ancora liberi, disponibili, possono ancora “credere” (…). Perché non mi è mai riuscito di distinguere un problema della gioventù (…). Scuola, istituzione familiari, morale corrente, cattolicesimo, comunismo: questi e infine altri sono i problemi in cui si innesta quello dei giovani. Solo risolvendo i primi si risolve il secondo.(…). I ragazzi sono in generale degli esseri adorabili pieni di quella sostanza vergine dell’uomo che è la speranza, la buona volontà: mentre in generale gli adulti sono degli imbecilli, resi vili ed ipocriti (alienati) dalle istituzioni sociali”. In questo stesso periodo opera un’altra figura di grandissimo rilievo umano e culturale: Don Lorenzo Milani, insegnante, educatore di comunità, nemico anche lui della società consumistica e combattente per l’emancipazione dei poveri.


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