PER INIZIARE>Definizioni: la digital literacy

Per poter trarre profitto delle attività che presentiamo è necessario fare chiarezza sui nodi concettuali intorno ai quali è stato strutturato il percorso:

  • la digital literacy (alfabetizzazione digitale)
  • e le competenze digitali;
  • il WebQuest
  • e le teorie pedagogiche che ne sono alla base.

If you want to use television to teach somebody,
you must first teach them how to use television.


(Umberto Eco citato da David Buckingham, in Defining digital literacy.
What do young people need to know about digital media?
,
"Digital Kompetanse", 4, 2006, vol. 1)

Digital literacy (alfabetizzazione digitale)

La locuzione digital literacy è stata tradotta in italiano con alfabetizzazione digitale, ma, a dispetto del suo sempre più diffuso utilizzo, il suo siognificato continua ad essere argomento discusso dalla comunità scientifica in Italia e all'estero. Tanto interesse è giustificato dal fatto che dalla sua definizione derivano quei cluster di argomenti che poi vanno a costituire l'oggetto di studio e i contenuti delle azioni formative che in ultima analisi interessano i cittadini (tra cui insegnanti e studenti): fornire una definizione esclusivamente funzionale dell'alfabetizzazione digitale, ad esempio, limita il contenuto da elaborare e trasmettere, a nozioni di tipo procedurale, (usare quello specifico software o hardware).

Una definizione, quest'ultima, molto limitante, in particolare se si tiene conto che il dibattito relativo alla definizione di digital literacy, interessa non solo l'area di conoscenza e prassi delle tecnologie digitali, ma il concetto stesso di literacy (cioè cosa s'intenda e cosa debba informare un processo di alfabetizzazione). Ponendosi da questa prospettiva è più agevole comprendere la complessità del dibattito: se si assume, come fa Vittorio Midoro, che per literacy si debba intendere quell'insieme di abilità e conoscenze che sostanziano "la capacità di vivere in una certa comunità in modo soddisfacente", allora a seconda di come si legge il contesto sociale e del grado di integrazione sociale che si auspica per il singolo soggetto, muta anche la definizione stessa attribuita alla locuzione: si tratta, in questo senso, di una questione politica ma anche sociale e di sviluppo individuale.

Alle origini del dibattito

Negli ultimi 30 anni a fronte dei cambiamenti sociali, culturali ed economici verificatisi a seguito della diffusione delle tecnologie digitali, alcuni studiosi, alle abilità e conoscenze cui tradizionalmente ci si riferiva con il termine alfabetizzazione, cioè quelle relative alla lettoscrittura, il possesso delle quali ha costituito la ragione d'essere dell'istruzione formale, hanno avanzato ipotesi volte ad individuare abilità e conoscenze ritenute altrettanto fondamentali e che di volta in volta hanno aggettivato in modo diverso il termine literacy: computer literacy, visual literacy, media literacy, information literacy, e ovviamente digital literacy che in un certo senso le comprende tutte.

Inizialmente, infatti, l'espressione equivaleva a computer literacy e aveva un valore di tipo funzionale, poi è andata a comprendere le conoscenze connesse alla sicurezza online e alla ricerca delle informazioni. Tuttavia questi progressivi ampliamenti hanno mantenuto l'obiettivo formativo della digital literacy ancorato all'acquisizione di un certo know-how: cioè la conoscenza funzionale e procedurale di strumenti e tecniche per l'utilizzo del computer e di internet (Midoro definisce l'insieme di queste abilità come ICT literacy, http://www.tdjournal.itd.cnr.it/article/view/370/303).

Un salto di senso si è avuto con l'inclusione della capacità critica necessaria ad identificare i true facts: la capacità cioè di valutare le informazioni. Per lungo tempo, infatti, durante gli anni '90 ebbe più fortuna un'altra literacy, l'information literacy, che poteva contare sul sostegno della comunità dei bibliotecari accademici nordamericani (una lobby in grado di direzionare gli studi). David Buckingham ha incluso nella sua breve cronistoria della locuzione un ulteriore significato: la capacità di individuare e destrutturare i fini commerciali delle tecnologie. Una preoccupazione avanzata da Bettina Fabos, professore associato all'Università del Northern Iowa, secondo la quale sotto il cappello della digital literacy devono essere incluse anche la ricerca e la comprensione dei modi in cui il "contesto politico, economico e sociale influenza tutti i testi; (…) [dei modi in cui] i testi possono essere adattati a fini sociali diversi e (…) [che] nessun testo è neutrale o necessariamente di maggiore qualità di un altro" ("political, economic, and social context shapes all texts, how all texts can be adapted for different social purposes, and how no text is neutral or necessarily of 'higher quality' than another", in Bettina Fabos, Wrong Turn on the Information Superhighway: Education and the, p.95 http://www.uni.edu/fabos/publications/wrongturn.html).

Si tratta di quella che altri studiosi hanno definito cyberliteracy (Laura Gurak, 2001) o critical literacy, cioè l'abilità di esprimere opinioni informate circa il ruolo della tecnologia all'interno della società e della cultura: "Internet non è una tecnologia neutrale: è stata definita socialmente in specifici modi anche da potenti interessi economici, governativi e militari che hanno determinato la sua architettura di base." ("The Internet, she claimd, is by no means a neutral technology: it has been socially shaped in particular ways, not least by the poerful commercial, governmental and military interests that have determined its basic architecture", in David Buckingham, Beyond Technology: Children's Learning in the Age of Digital Culture)

Sempre Buckingham esplicita le azioni da compiere per conseguire questi obiettivi conoscitivi: "fare domande relative alle fonti dell'informazione, agli interessi di chi le ha prodotte, ai modi con i quali esse rappresentano il mondo, comprendere come gli sviluppi tecnologici siano connessi con le più ampie forze politiche ed economiche" ("asking questions about the sources of that information, the interests of its producers, and the ways in which it represents the world; and understanding how these technological developments are related to broader social, political and economic forces", in David Buckingham, Digital Generations: Children, Young People, and New Media). Per questa via la digital literacy si sovrappone ad un'altra literacy: la media literacy.

In conclusione, non solo la conoscenza degli strumenti (alla base di ogni literacy che riguardi il computer), ma anche la valutazione dell'informazione, l'analisi critica del modo in cui sono stati costruiti i media digitali (come sono progettati e strutturati i siti, ad esempio e le funzioni dei link tra i siti) e la retorica comunicativa che li catterizza, sono tutte competenze da includere nella locuzione digital literacy. Un concetto, quindi, molto ampio che comprende una dimensione critica e presuppone il perseguimento di finalità sociali e politiche.

Nonostante l'ampiezza del dibattito la più utilizzata definizione di digital literacy rimane, ad oggi, quella data da Paul Glister nel 1997 nel suo volume "Digital Literacy". Per Glister la digital literacy è l'abilità di capire e usare l'informazione in molteplici formati, la conoscenza delle logiche e i funzionamenti di base degli strumenti e dei servizi a disposizione, il pensiero critico per saper discernere il senso dei contenuti cui si accede: "[…] Nonostante una certa continua inconsistenza nell'uso dell'espressione, molti autori, seguendo Paul Glister, usano digital literacy per denotare un concetto ampio in cui si incontrano altre literacy e basato sulle abililtà d'uso delle ICT ma focalizzato sulle "soft skill" della valutazione dell'informazione" ("Despite some continuing inconsistency in the use of the term, we see that several authors, following Paul Gilster, are using "digital literacy" to denote a broad concept, linking together other relevant literacies, based on computer/ICT competences and skills, but focused on "softer" skills of information evaluation and knowledge assembly, together with a set of understandings and attitudes", D. Bawden, Origins and Concepts of Digital Literacy, in "Digital Literacies: Concepts, Policies and Practices", a cura di C. Lankshear, M. Knobel, 2008)

A completamento di questa parte, presentiamo la posizione di alcuni studiosi che, partendo da ambiti disciplinari diversi (filosofia, psicologia, neuroscienze), hanno elaborato interpretazioni più caute, e che alla proliferazione delle literacy, contrappongono la persistente centralità delle "tradizionali" abilità di lettoscrittura considerate come conditio sine qua non per lo sviluppo di ogni altra abilità.

Ne ha parlato Roberto Casati, ricercatore presso il French Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS), nel suo volume, Contro il Colonialismo digitale, dove, pur ribadendo di non essere affatto contrario alle tecnologie digitali, denuncia l'atteggiamento acritico nei confronti di un fenomeno per il quale ogni momento libero sembra diventato terreno di conquista dell'intrattenimento digitale, un fenomeno che nomina "colonialismo interstiziale".

Obiettivo di Casati è comprendere come si diventa "lettori forti", cioè lettori in grado di acquisire e integrare conoscenze attraverso la lettura su qualsiasi supporto; in mancanza di questa abilità superiore, sottolinea il filosofo, la lettura di testi digitali non consente l'attivazione delle capacità riflessive e d'integrazione di quanto si legge: ed è per questa ragione che ritiene essa sia controproducente per i più giovani. Il volume di Casati ha dato vita ad un ricco e interessante dibattito che può essere seguito qui: http://www.doppiozero.com/category/concetti-astratti/contro-il-colonialismo-digitale.

Una posizione di analoga preoccupazione in merito alla centralità attribuita alle tecnologie digitali è espressa, tra gli altri, da Francesco Mattei e Benedetto Vertecchi ad esempio in un editoriale scritto a quattro mani sulla rivista Pedagogia Critica. Mattei e Vertecchi si concentrano sull'alfabetizzazione intesa come la capacità di comporre e comprendere un testo: un'acquisizione che sta, secondo i dati rilevati dagli autori, regredendo. La causa va individuata nel fatto che "siamo immersi in un contesto comunicativo dominato dall'aggressività delle immagini". L'immagine sostiuisce la comunicazione verbale e questo, affermano gli autori, è causa e sintomo di un processo di de-alfabetizzazione: "Stiamo tornando a una stratificazione sociale nella quale il fattore discriminante è costituito, ancora una volta, dal possesso di competenze alfabetiche. La prospettiva della de-alfabetizzazione riguarda, infatti, la parte crescente di popolazione che esercita attività più modeste, ma è del tutto estranea alla parte restante, quella che, proprio tramite la cultura alfabetica, è in grado di esprimere il proprio potenziale creativo (…)." http://www.giornaledipedagogiacritica.it/index.php/gdpc/article/viewFile/90/90.

Nell'ambito delle neuroscienze, sono indagate in particolare le abilità di scrittura al fine di comprendere se e cosa cambia tra la scrittura con la tastiera e la scrittura a mano. Alla base di questo interesse vi sono ricerche oltre che in ambito neuroscientifico, anche in quelli psicologico e filosofico, secondo le quali la cognizione è agevolata dall'accoppiamento di stimoli sensomotori e visuali così come si realizza durante la scrittura a mano. Il neurologo Frank R. Wilson già nel 1998 invitava a riflettere sull'importanza delle attività motorie e in particolare di quella esercitata dalla mano con la scrittura: "How does, or should, the educational system accomodate for the fact that the hand is not merely a metaphor or an icon for humanness, but often the real-life focal point - the lever or the launching pad - of a successful and genuinely fulfilling life? […] The hand is as much at the core of human life as the brain itself. The hand is involved in human learning. What is there in our theories of education that respects the bilogic principles governing cognitive processing in the brain and behavioral change in the individual? […] Could anything we have learned about the hand be used to improve teaching of childern?" F.R. Wilson, "The hand: how its use shapes the brain, language, and human culture", 1998, New York, Pantheon Books, cit. in Anne Mangen e Jean-Luc. Velay, "Digitizing literacy: reflections on the haptics of writing", p. 398 http://cdn.intechweb.org/pdfs/9927.pdf.

Altri ancora per ragioni di opportunità ritengono che si dovrebbe evitare di utilizzare la locuzione digital literacy, per non creare discontinuità tra le pratiche di insegnamento/apprendimento digitali e quelle non digitali e perché, in fondo, l'aggettivo digitale è ormai anacronistico: "[…] in an age where books can be read on a Kindle or iPad, and writing onscreen is common place it is difficult to restrict the term literacy to pen and paper and it could be argued that the "digital" prefix is already annecessary." ( Digital Literacy Literature Review, in "Digital Futures in Teacher Education (DeFT) project", 2012, p. 3).

In questo contesto non possiamo approfondire le posizioni dei diversi studiosi né fornirne anche solo un quadro esaustivo. Ci limitiamo ad affermare che la cautela di Casati è condivisa da molti altri studiosi di discipline diverse per i quali l'affermazione delle tecnologie digitali comporta un mutamento così profondamente legato al nostro modo di essere umani che, in particolare nel contesto educativo, è necessaria una riflessione posata per non farsi travolgere dalle novità proposte da più parti, non ultimi dai decisori politici. Non si tratta di scegliere in modo semplicistico tra una posizione o l'altra ma di ampliare lo spettro di studio e attenzione.


Conoscere il dibattito passato e in corso aiuta a comprendere potenzialità e limiti delle definizioni scelte per informare le politiche educative.
Nella prossima sezione vengono presentati due diversi framework adottati dai decisori politici nel tentativo di fornire delle indicazioni operative volte ad individuare cosa dovrebbe conoscere e saper fare un soggetto digitalmente alfabetizzato, un soggetto, cioè, digitalmente competente.


Sintesi

  • Gli studi sulle competenze di digital literacy presuppongono il ruolo centrale delle tecnologie digitali nella quotidianità degli individui, e la necessità che la loro padroinanza diventi patrimonio di ogni essere umano affinché possa condurre una vita soddisfacente.
  • La digital literacy, traducibile in alfabetizzazione digitale, è una locuzione nata 20 anni fa.
  • La digital literacy ha via via compreso: l'abilità d'uso degli strumenti digitali con i quali produrre, reperire, consultare, manipolare, condividere i documenti digitali (intendendo per documenti testi, audio, video, foto e codice); le conoscenze necessarie per comprendere i contenuti dei documenti digitali e le caratteristiche sia dei documenti digitali sia dei supporti; le capacità cognitive di alto livello per valutare e scegliere supporti, documenti e contenuti adeguati ai propri fini.
  • Esistono studiosi che a prescindere dai contenuti della digital literacy, raccomandano cautela nell'introduzione massiva delle tecnologie digitali a scuola. Questi, sulla base di studi provenienti da diversi ambiti disciplinari (neuroscienze, psicologia e filosofia), ritengono che le pratiche di lettoscrittura (non digitali, ma tradizionali che coinvolgono attività di tipo sensomotorio), mantengono un ruolo fondamentale nel processo di apprendimento.


Qui indichiamo dei titoli (alcuni già citati nella sezione altri no) che possono risultare utili per approfondire i temi trattati