Come ti racconto il Medioevo

di Carlo Mariani


I Legamenti per mezzo di sostituenti

L’imperatore cominciava ad essere vecchio e stanco. Vecchio di una vita troppo intensamente vissuta, stanco di un tempo che per lui trascorreva troppo veloce, e non gli lasciava spazio per indugiare negli studi che gli erano più cari. Il suo grande trattato sulla falconeria e la caccia con gli uccelli rapaci procedeva così lentamente che spesso la polvere si posava sulle carte aperte sullo scrittoio, e che lui a nessuno permetteva di toccare. A quelle carte sognava di poter dedicare interi giorni, ascoltando accanto a il respiro quieto della giovane Bianca, che ora doveva diventare sua sposa. Ma una stanchezza insolita gli impediva di percorrere tutta l’Italia per andare a prenderla, con uno di quei suoi viaggi fulminei e rapinosi, in cui passava giorni e notti a cavallo, senza fermarsi né per mangiare né per dormire, come faceva suo nonno, il grande Federico Barbarossa, nelle sue campagne in Italia. Ma quelle del Barbarossa erano campagne di guerra. Non avrebbe mai, Federico I, attraversato l’Italia per amore. Non si concedeva follie il grande nonno, di cui rinnovava il nome e la gloria. Ma lui, sì. Lui, Federico II, aveva attraversato più volte l’Italia, o aveva allungato i suoi viaggi, per veder comparire tra le colline del Monferrato il castello dei conti Lancia, i suoi vassalli fedeli, e per rinnovare a Bianca una promessa che da lungo tempo richiedeva di essere onorata.

Laura Mancinelli, Gli occhi dell’imperatore, in ID., I dodici abati di Challant. Il miracolo di santa Odilia. Gli occhi dell’imperatore, Torino, Einaudi, 1995, pp. 276-277.